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ARPINO – La “Corsa della Cannata” riconosciuta Patrimonio Unesco. Quadrini: “Una grandissima soddisfazione e un riconoscimento importante per la città di Arpino”

ARPINO – La tradizionale corsa della Cannata del Gonfalone di Arpino entra nel Registro del Patrimonio Immateriale Unesco.

La gara, riservata soltanto alle donne, che corrono per 280 metri con ai piedi le tipiche calzature dei pastori ciociari, le cioce, e sul capo un recipiente di terracotta, la cannata, contenente acqua, è la più attesa e la più famosa dei giochi tradizionali che si svolgono durante il Gonfalone di Arpino.

Gianluca Quadrini

La “cannata” è simbolo della città e dell’intera Ciociaria. “Un altro importantissimo riconoscimento, una grandissima soddisfazione per la nostra città di Arpino e per tutto il territorio della provincia.” Commenta con soddisfazione il Presidente del Consiglio della Provincia di Frosinone e consigliere di Arpino, Gianluca Quadrini – “Arpino non è solo un bellissimo centro abitato ma anche un centro di grande cultura, di storia e di tradizioni. La corsa della Cannata rientra tra i giochi più sentiti del Gonfalone, una manifestazione che per Arpino è simbolo di appartenenza. Ma allo stesso tempo è un mezzo essenziale ed efficace per far conoscere il grande patrimonio di storia, arte, tipicità e tradizioni. In un momento in cui il turismo delle esperienze e dell’unicità sta prendendo sempre più piede, ottenere l’iscrizione Registro del Patrimonio Immateriale Unesco significa molto per noi arpinati e sarà sicuramente un grande valore aggiunto per la crescita e la diffusione del nome del nostro territorio. Esprimo i miei più sentiti complimenti agli organizzatori dei giochi del Gonfalone e naturalmente alle partecipanti alla corsa della Cannata per l’impegno e la passione che ogni anno impiegano per la riuscita della gara. Correre con una cannata sul capo, per 280 metri, indossando delle ciocie non è affatto semplice. Per cui grazie anche alle nostre donne che hanno contribuito in maniera eloquente a questo riconoscimento.”

Insieme alla Corsa di Arpino, riconosciuti dall’Unesco anche altri giochi popolari inclusi nel Tocatì, la manifestazione internazionale che raccoglie i giochi e le gare popolari che un tempo si svolgevano sulle strade delle antiche città italiane ed europee.

CIBO & ALIMENTAZIONE – Pizza (italiana) mon amour

Pizza Margherita al tegamino

Margherita, capricciosa, marinara, diavola, bufalina, calzone: ogni giorno in Italia vengono sfornate 8 milioni di pizze per un giro d’affari di oltre 15 miliardi di euro.
Margherita, capricciosa, marinara, napoletana, romana, calabrese, bufalina, diavola, boscaiola, ai quattro formaggi, al prosciutto, allo speck, ai funghi, calzone… e via elencando.
Sono alcune delle mille varianti di pizza che ogni giorno vengono sfornate nelle 126.800 pizzerie italiane. Volete sapere quante?
Otto milioni al giorno per un giro d’affari di oltre 15 miliardi.


Sono i dati resi noti dalla Coldiretti in occasione della Giornata Internazionale della Pizza che si è celebrata il 17 gennaio scorso. Nel settore sono impiegati 120 mila addetti a tempo pieno che diventano 200 mila nei fine settimana.
Le regioni che ospitano il maggior numero di pizzerie sono la Campania con 9.408 pizzerie, la Lombardia con 9.185 e il Lazio con 8.500.
La Coldiretti ha fatto anche il calcolo degli ingredienti utilizzati per la preparazione della pizza, comprendendo oltre alle pizzerie e ai ristoranti anche le gastronomie, i forni e i fast food.
Sono numeri da capogiro: 200 milioni di chili di farina, 225 milioni di chili di mozzarella, 30 milioni di chili di olio di oliva e 260 milioni di chili di salsa di pomodoro.

E con il lockdown è esplosa la tendenza della “pizza fai da te”
Altro dato interessante emerso da un’indagine della Coldiretti è l’esplosione del fenomeno della “pizza fai da te”: oltre 4 italiani su 10 (44%) infatti preparano la pizza in casa, spinti dalla passione per la cucina, ma non solo, visto che in casa si possono scegliere personalmente gli ingredienti e garantirsi così un prodotto gourmet 100% made in Italy.

La nuova tendenza, nata sulla scorta del lockdown, è quella di cucinare in casa delle pizze personalizzate utilizzando ingredienti 100% italiani: dalla mozzarella alle farine di grano tricolore, magari ottenute da varietà antiche, dalle passate di pomodoro all’olio extravergine d’oliva fino alle verdure, ai salumi e a tutto ciò che può servire per mettere nel piatto la versioni più tradizionali, dalla Margherita alla capricciosa, ma anche quelle “gourmet”, con la scelta di prodotti ricercati, come quelli a denominazione di origine.

La campagna della Coldiretti per la salvaguardia dei prodotti made in Italy

La “pizza fai da te” risolve peraltro anche il problema dell’originalità degli ingredienti made in Italy visto che, ahimè – rileva la Coldiretti – quasi due pizze su tre sono preparate con un mix di prodotti provenienti da migliaia di chilometri di distanza, senza alcuna indicazione per i consumatori: dalla mozzarella lituana al concentrato pomodoro cinese, per non parlare dell’olio tunisino e del grano ungherese.

Dal 2017 la vera pizza napoletana è patrimonio culturale dell’Unesco

A dicembre del 2017 “L’Arte tradizionale del Pizzaiolo napoletano” è stata iscritta dall’Unesco nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità.

Un riconoscimento al forte legame culturale della tradizione con l’Italia trasmesso di generazione in generazione e che certifica le varie fasi della preparazione della vera pizza napoletana: dall’impasto al movimento rotatorio fatto dal pizzaiolo alla cottura nel forno rigorosamente a legna.

L’Arte è nata a Napoli, dove vivono e lavorano circa 3mila pizzaioli, suddivisi in tre categorie in base all’esperienza e alle capacità.
Ogni anno l’Accademia dei Pizzaioli Napoletani organizza corsi sulla storia, gli strumenti e la tecnica dell’arte con lo scopo di assicurarne la sopravvivenza, ma gli apprendisti possono fare pratica anche nelle loro case, dove l’arte è ampiamente diffusa.

L’arte tradizionale del pizzaiolo napoletano nell’Olimpo della cucina

Pizza Margherita

Il riconoscimento dell’Unesco porta la pizza, cibo tra i più amati e consumati al mondo, nell’Olimpo della cucina nazionale e internazionale e identifica l’arte del pizzaiolo napoletano come espressione di una cultura che si manifesta in modo unico, perché la manualità del pizzaiolo non ha eguali e fa sì che questa produzione alimentare possa essere percepita come marchio di italianità nel mondo.

 “L’Arte tradizionale del pizzaiolo napoletano” rappresenta l’ottavo riconoscimento italiano nella lista del Patrimonio Immateriale dell’Unesco ed è la terza iscrizione nazionale nell’ambito della tradizione enogastronomica, dopo la “Dieta Mediterranea”, iscritta nel 2013 e “La vite ad alberello di Pantelleria” iscritta nel 2014.

Fonte: OlioVinoPeperoncino – Giuseppe Casagrande